segunda-feira, 1 de agosto de 2016

Come è nata la Bibbia?


Un lungo e meraviglioso itinerario percorso dalla ragione umana illuminata dalla fede, e assistita dalla grazia e dai carismi dello Spirito, ha reso possibile definire con divina autorità la “regula fidei” delle Sacre Scritture.
  Si parla molto della Bibbia, ma quanti la conoscono in profondità? Sapranno i cattolici in genere – anche quelli considerati praticanti – come sono nati i libri sacri, quale il criterio di selezione utilizzato e con che autorità sono stati essi adottati o rifiutati? Senza alcun dubbio, un chiarimento a riguardo è del tutto opportuno per l’insieme dei fedeli.
Antico e Nuovo testamento
  La Bibbia, come si sa, è l’insieme degli scritti o libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, con i quali Dio Si è rivelato agli uomini. Denominati anche Sacre Scritture o Sacre Lettere, costituiscono un solo e unico libro contenente la Parola di Dio. Sebbene siano stati elaborati da autori umani – gli agiografi, autori sacri –, sono stati scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo e quindi sono autenticamente la Parola di Dio. Per questo si è soliti dire che le Sacre Scritture sono un’opera congiunta degli agiografi e del Divino Paraclito.
  Abbiamo così la Bibbia, divisa in due grandi parti: l’Antico e il Nuovo Testamento.1 Il primo contiene la Parola di Dio rivolta al Popolo Eletto della Prima Alleanza, consegnata in diversi scritti elaborati nel corso di più o meno 900 anni. Il Nuovo Testamento contiene, a opera degli Apostoli ed Evangelisti, gli insegnamenti con i quali Gesù Cristo ha completato e perfezionato la Rivelazione Antica, e la testimonianza della sua Morte e Resurrezione – il Mistero Pasquale –, con il quale ha aperto trionfalmente l’Era della Grazia, sigillando così la Nuova ed Eterna Alleanza.
  L’asse divino intorno al quale ruotano entrambi i Testamenti è la persona di Gesù Cristo. Infatti, nell’Antico è Lui l’annunciato: “Le Scritture danno testimonianza di Me”, (Gv 5, 39), disse Nostro Signore; e il Nuovo è la realizzazione di questo annuncio. Tale verità è espressa da Sant’Agostino con la brillantezza e la concisione del suo genio: “in Vetere Novum lateat, et in Novo Vetus pateat – Il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico, e l’Antico si rivela nel Nuovo”.2
  Ora, si sa che prima di Cristo e, soprattutto, nell’era cristiana, sono venuti alla luce numerosi scritti presumibilmente contenenti la Parola di Dio, e di questi soltanto un numero ridotto è stato incluso tra i Libri Sacri. Perché alcuni scritti sono entrati e altri no? Chi ha fatto questa selezione e con che autorità? Tali questioni ci portano a trattare di un bellissimo tema: la formazione del canone dei libri sacri.
Mirabile unanimità forgiata nel corso dei secoli
  La parola greca κανών (canone) ha vari significati: regola per misurare, regola, norma e, per estensione, lista, relazione. Il Canone delle Sacre Scritture è, infatti, la relazione dei Libri Sacri che compongono la Bibbia: 46 dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo. Solamente questi 73 godono della prerogativa di essere Parola di Dio.
  Lunga e luminosa storia è quella della formazione del Canone, ossia, di come la Divina Provvidenza sia andata disponendo nel corso dei secoli le circostanze e gli spiriti perché la Santa Chiesa discernesse e identificasse, tra diversi scritti presentati come autentici trasmettitori della Parola di Dio, quali fossero di fatto ispirati e contenessero infallibilmente le verità della Fede.
  La difficoltà stava nel fatto che, nel corso dei secoli, apparvero un certo numero di scritti in seno alle comunità religiose israelite dell’Antico Testamento. Non tutti, però, godevano di uguale rispetto e osservanza. Alcuni, dall’inizio, riflettevano antiche e autentiche tradizioni con le quali il Popolo di Dio si identificava pienamente. Per altri invece, non c’era quest’accettazione generale.
  Una meravigliosa azione di Dio condusse a poco a poco le comunità giudaiche a un’opinione quasi unanime su questa materia. Opera infatti mirabile, poiché non si conosceva in quest’epoca un’autorità infallibile, come quella concessa da Cristo Gesù alla sua Chiesa, che potesse riconoscere e dichiarare il carattere sacro e ispirato di questi libri.
  Prima il Pentateuco, o Torah, è stato ben presto riconosciuto come la Parola di Dio. In seguito, i Profeti e poi gli altri Scritti hanno via via acquisito un riconoscimento normativo, fino a costituire collezioni, contenenti più o meno l’attuale insieme dei libri dell’Antico Testamento.3
Discernere il messaggio evangelico dalle interpretazioni false
  Per quanto riguarda il Nuovo Testamento, la situazione è ancora più ricca e complessa, sebbene più chiara e facile da esser seguita. A un certo momento della storia della Chiesa Primitiva, gli Apostoli e i loro seguaci si sono dedicati al compito di registrare per iscritto buona parte di quello che oralmente predicavano. Nacquero così i primi libri.
  Molto presto, tuttavia, si sono introdotte eresie nell’ambiente delle comunità cristiane. Alcune provenienti da erronee interpretazioni dottrinali concepite da cristiani giudaizzanti; altre, a quanto pare, originarie del paganesimo, come le dottrine chiamate gnostiche. Le une e le altre portavano a interpretazioni falsate del messaggio evangelico.
  Nei primi tempi del Cristianesimo proliferarono scritti neotestamentari, mescolandosi, così, testimonianze autentiche degli Apostoli e dei loro primi seguaci con altre sulla cui autenticità si poteva legittimamente dubitare, perché non godevano della garanzia di provenienza apostolica (del tempo degli Apostoli), o perché non erano oggetto di credibilità da parte delle chiese.
  Presto s’introdussero anche adattamenti o interpolazioni eretiche in alcuni scritti con pretese di provenire dal tempo apostolico, ma di dubbiosa e sospetta paternità.
  Dato che, dallo Spirito Santo, la Chiesa ha ricevuto come lascito le Scritture, tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento, tocca ad essa discernere, riconoscere e dichiarare, con l’assistenza dello stesso Spirito, quali tra questi numerosi scritti sono di fatto Parola di Dio.
  Il risultato di questo lavoro lento e sicuro della Chiesa nell’identificazione dei Libri Sacri è stato la formazione del Canone.
L’azione dello Spirito Santo
  In questo paziente compito della Chiesa si nota una triplice azione dello Spirito Santo.
 Primo, il Divino Paraclito agisce sulle comunità che hanno accolto la Parola di Dio, il quale “aveva già parlato nei tempi antichi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1-2), formando e ispirando le tradizioni, propiziando che queste siano conservate nella memoria del popolo, e disponendo che la Parola permanga integra e inalterabile. In secondo luogo, ispira gli agiografi a mettere per iscritto il contenuto della Parola di Dio trasmessa all’inizio oralmente e consegnata alle tradizioni e a scrivere “tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte”.4 Gli autori sacri si dedicano, allora, a questa missione. Infine, attraverso la stessa Tradizione, ossia, quello che semper, ubique et ab omnibus è stato oggetto di fede, fa conoscere alla Chiesa gli scritti ispirati.
  La definizione del Canone, tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento è, dunque, opera umana e divina della Chiesa. Umana, in quanto applica criteri logici di sapienza umana per discernere l’autenticità degli scritti vetero e neo testamentari, ma allo stesso tempo divina, in quanto assistita dal Divino Spirito Santo nell’interpretazione dei dati provenienti da tali mezzi umani. Il lavoro applicato e intelligente di un mirabile stuolo di uomini dei primi tempi del Cristianesimo – i Santi Padri – ha portato la Chiesa a un altissimo piano nella conoscenza delle Scritture e l’ha fatta discernere, con l’azione dello Spirito Santo, preziosi criteri per la selezione e classificazione dei Libri Sacri.
Il Canone veterotestamentario
  Rispondendo al fatto che i libri dell’Antico Testamento sono stati scritti in circa 900 anni nelle lingue ebraica, aramaica e, in misura ben minore, in greco, e non entrando nell’interessante tema della probabile datazione di tali scritti, né dei loro autori, poiché andremmo oltre i limiti naturali di questo articolo dedicato a studiare la formazione del Canone, vediamo ora come si è diffusa la conoscenza dei suddetti libri.
  È certo che alcune collezioni parziali di scritti veterotestamentari circolavano già entro le varie comunità israelite, tanto della Palestina quanto della Diaspora, nel tempo postesilico, soprattutto nel periodo dei Maccabei, ma ci mancano dati storici precisi al riguardo.
  Verso l’anno 200 a.C., apparve per la prima volta un’ampia collezione degli scritti veterotestamentari, in greco, composta, secondo quanto si diceva, da 70 saggi giudei di Alessandria, e per questo chiamata “Settuagesima” o “dei Settanta”, o ancora “Alessandrina”, frequentemente designata dalla sigla LXX.
  Non c’è notizia, tuttavia, che si sia elaborato un Canone dei libri sacri prima dell’era cristiana. A fianco di alcuni libri riconosciuti da tutti come sacri, ce n’erano molti altri sui quali aleggiava qualche incertezza e altri ancora francamente contestati.
  Le diverse versioni delle Scritture circolavano pacificamente tra i giudei della Palestina e di altri paesi, distaccandosi la Settuagesima, che ottenne un’ampia accettazione tra gli uni e gli altri ed era la più diffusa nei primi tempi del Cristianesimo.
  “La maggior parte delle citazioni dell’Antico Testamento attribuite a Gesù nei Vangeli corrisponde al testo della versione dei Settanta”.5 Il fatto che questa versione sia la più citata nei Vangeli le conferisce innegabile autorità. Essa era, anche, la più usata tra i giudei cristiani dei primi tempi, e godeva di piena credibilità in quegli ambienti.
  Nel corso del primo secolo, la maggior parte dei libri costanti della versione dei LXX fu pacificamente accettata: sono i cosiddetti protocanonici (da proto, primo, in greco). Altri, tuttavia, si prestavano a discussioni e furono accettati solamente in un secondo momento: sono i cosiddetti deuterocanonici (da deutero, secondo).
  Fu solo all’inizio del II secolo – quando la Chiesa aveva ormai vita propria, indipendente dal giudaismo e in essa si dava larga accettazione alla relazione di libri del LXX, chiamata Canone Lungo – che le autorità giudaiche, su iniziativa dei rabbini farisei, decisero di chiudere il loro canone, rifiutando sette libri costanti della versione dei LXX6 e abbracciando così un canone ridotto, chiamato Canone Corto.
  Non è fuori luogo ammettere che il motivo per cui i giudei abbiano abbracciato il Canone Corto è dovuto, tra le altre cause, a una necessità di differenziazione rispetto al Cristianesimo.
  I dati storici di cui si dispone indicano che, più probabilmente, questa collettanea abbracciata dai rabbini – nota anche col nome di Testo Protomassoretico – sia stata più tardi, nel Medioevo, rivista e provvista di note e segni vocalizzanti, alla maniera di commenti, dai massoreti giudei, maestri e rappresentanti della Massorah (tradizione) giudaica, venendo a costituire il cosiddetto Testo Massoretico, ossia, l’attuale Bibbia ebraica.
  Quando i giudei decisero di chiudere il loro canone, era già largamente accettata nella Chiesa, da più di un secolo, la versione dei Settanta, il Canone Lungo. Così, il canone dei rabbini farisei non ebbe che una portata ristretta, limitato all’ambito delle comunità giudaiche rimanenti.
  La Chiesa primitiva, dall’inizio, confermò la versione dei Settanta, versione questa che, insieme ad altre, com’è già stato detto, correva liberamente tra i giudei, poiché non c’era ancora, tra loro, una relazione definita dei libri considerati sacri. Essa, infatti, non ha ereditato dal giudaismo un canone definito, ma è stata lei che lo ha definito, accogliendo tutti i libri costanti dei LXX e anche i cosiddetti deuterocanonici. In questo modo la versione dei Settanta, il Canone Lungo, è stato abbracciato dal Cristianesimo, nella sua totalità, dai suoi primordi – con alcune difficoltà circostanziali,7 chiarite con il tempo – e ha goduto di piena autorità tra i cristiani. Il Concilio di Calcedonia (451 d.C.) non ha fatto che riconoscere una realtà già vissuta dal Cristianesimo fino al IV secolo, poiché, sebbene il Canone Veterotestamentario già fosse vivo nella Chiesa, e i libri che erano venuti a comporlo godessero di grande autorità tra i fedeli, eccettuate alcune rare comunità orientali isolate e senza maggior rilevanza, non si può ancora parlare di libri canonici. Fu solamente a partire da questa data che la collezione di tali libri ha acquisito piena configurazione canonica. 8 E così è rimasto per più di mille anni.
  È solamente nel XVI secolo – un millennio e mezzo dopo la nascita del Cristianesimo! – che una simile realtà è stata negata. Infatti, Martin Lutero e i suoi seguaci decisero di rifiutare quasi 1.500 anni di Tradizione cristiana e abbracciare il Canone Corto, fissato dai rabbini farisei per uso dei giudei, nascendo così la cosiddetta Bibbia Protestante.
  Per molti secoli, sulle orme della Tradizione apostolica, la Chiesa non ha sentito la necessità di presentare una definizione dogmatica sul Canone sacro, in quanto la pax Christi non si vedeva seriamente minacciata in questa materia. Furono le negazioni di Lutero nel XVI secolo e l’inquietudine da esse suscitata in seno alla Cristianità che portarono la Santa Chiesa a manifestare in questo campo il potere che dal suo Divino Fondatore gli era stato conferito. Così, ciò che era assente come dottrina comune e corrente della Chiesa dal IV secolo, e vissuto dal Cristianesimo dai suoi primordi, fu oggetto di una formulazione esplicita nel Concilio di Firenze, (1442) nel decreto Pro Iacobitis,9 e di una definizione dogmatica nel Concilio di Trento (1564), riaffermata nel Concilio Vaticano I (1870).
Canone Breve (Ebraico)
Torah: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio
Profeti Anteriori: Giosuè, Giudici, I Samuele, II Samuele, I Re,  II Re
Profeti Posteriori: Isaia, Geremia, Ezechiele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia
Scritti: Salmi, Giobbe, Proverbi, Rut, C. dei Cantici, Qohelet, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra, Neemia, I Cronache, II Cronache
Canone Lungo, Alessandrino (Cattolico)
Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio
Storici: Giosuè, Giudici, Rut, I Samuele, II Samuele, I Re, II Re, I Cronache, II Cronache, Esdra, Neemia, Ester, Giuditta, Tobia, I Macabei, II Macabei
Sapienziali: Salmi, Proverbi, Qohelet, C. dei Cantici, Giobbe, Sapienza, Siracide
Profetici: Isaia, Geremia, Lamentazioni, Baruc, Ezechiele, Daniele, Osea, Amos, Michea, Gioele, Abdia, Giona, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia
Canone neotestamentario
  Come abbiamo visto, la predicazione apostolica fu all’inizio esclusivamente orale, poiché gli Apostoli se ne andarono per il mondo a predicare, fedeli al dettato del Divino Maestro che disse, “andate e predicate” (Mc 16, 15) e non “andate e scrivete”. E non dimentichiamoci delle grandi difficoltà dell’epoca nell’ottenere libri, i quali erano tutti manoscritti, pertanto, costosi e di lenta elaborazione.
  Così, nel Periodo Apostolico (fino all’anno 70), la Chiesa nascente non possedeva ancora scritti propri, ma solamente la “Legge e i Profeti”, cioè, l’Antico Testamento, letto alla luce del messaggio cristiano. Presto, però, due fattori pretesero dagli Apostoli e dai loro primi seguaci il ricorso allo scritto: la moltiplicazione di comunità in regioni molto distanti, grazie, soprattutto, all’apostolato di San Paolo, e la comparsa delle eresie. Tuttavia, per molto tempo e persino nel periodo dei Padri Apostolici, le tradizioni evangeliche erano più conosciute attraverso la tradizione orale che quella scritta. 10 San Luca dà di questo testimonianza: “Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola” (Lc 1, 1-2).
  Tale battaglia finì per cristallizzare nella Chiesa un’idea che esisteva già, latente, dal periodo subapostolico: 11 quella della necessità di un Canone chiuso.
  Ai tempi di San Giustino Martire (II secolo) a Roma, il Nuovo Testamento già conteneva due terzi di quello che venne a essere il suo Canone definitivo. Nel periodo seguente – di Sant’Ireneo, San Clemente di Alessandria, Origene – l’essenziale del Canone definitivo era già stato incluso nel Canone riconosciuto da Sant’Ireneo e dalla chiesa della Gallia: i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, alcune lettere e l’Apocalisse.
  Fu proprio Sant’Ireneo – una delle grandi figure della Patristica – che, di fronte allo gnosticismo e, soprattutto, al marcionismo, sviluppò la dottrina cristiana, stabilendo magnificamente i fondamenti della comprensione delle Scritture come un tutt’uno, coerente e armonico.
  San Clemente d’Alessandria e Origene presentavano una relazione di 22 libri sui quali, per loro, non c’erano dubbi: i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le 14 lettere paoline, le prime lettere di Pietro e Giovanni e l’Apocalisse.12
  Alcuni scritti neotestamentari, com’è stato visto sopra, sembrano aver ottenuto molto presto il riconoscimento canonico, manifestato soprattutto dall’uso liturgico che di loro se ne fece. Sono i cosiddetti protocanonici del Nuovo Testamento.
  Ce ne furono altri, tuttavia, che presentarono qualche difficoltà a essere accettati e solamente dopo un processo relativamente lungo l’autorità della Chiesa li ha inclusi nel Canone. Sono questi chiamati deuterocanonici del Nuovo Testamento – la lettera agli Ebrei, la seconda di Pietro, la seconda e terza di Giovanni, le lettere di Giacomo e Giuda e l’Apocalisse – il che significa che entrarono nel Canone neotestamentario solo dopo una certa esitazione, essendo accettati, ripetiamo, unicamente dall’autorità della Chiesa.
La sapienza divina supera ogni previsione umana
  Nel corso di più o meno 300 anni, basato sull’accettazione da parte delle comunità, animate dal sensus fidei (il sentire della fede) ma, soprattutto dall’uso liturgico, con il riconoscimento esplicito delle autorità ecclesiastiche – riunite in sinodi e concili regionali o ecumenici –, si andò definendo un nucleo di libri di canonicità certa e indiscutibile.
   Lutero aveva rifiutato anche i deuterocanonici del Nuovo Testamento, ma i suoi seguaci non poterono sostenere questa posizione e finirono per ammetterli. In questo modo la Riforma cadeva nell’incoerenza di negare l’autorità della Chiesa quanto all’Antico Testamento e affermarla in relazione al Nuovo.
  Così, in maniera divinamente sapienziale lo Spirito Santo va governando la Santa Chiesa, in modo per nulla razionalista e schematico, definendo senza fretta meraviglie come l’insieme dei libri delle Sacre Scritture, nei quali “il Padre che sta in Cielo viene amorosamente incontro ai suoi figli per conversare con loro”.13
  Questo lungo e meraviglioso itinerario percorso dalla ragione umana illuminata dalla fede, e assistita dalla grazia e dai carismi dello Spirito Santo, ha reso possibile discernere con chiarezza e definire con divina autorità la regula fidei delle Sacre Scritture. In questo percorso siamo stati portati anche a contemplare la meravigliosa armonia tra le due fonti nelle quali si fonda tutta la fede cristiana: la Sacra Tradizione e le Sante Lettere.
 Rivista Araldi del Vangelo  settembre 2013 
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1 Termine biblico usato nel senso di Alleanza.
2 SANT’AGOSTINO. Quæstionum in Heptateuchum, l.2, 73: ML 34, 623.
 3 I termini “Antico Testamento” e “Nuovo Testamento” sono stati messi in uso dal Cristianesimo: il primo proviene da un’espressione di San Paolo (II Cor 3, 14), e il secondo estratto da un oracolo di Geremia (31, 31).
4 CONCILIO VATICANO II. Dei Verbum, n.11.
5 TREBOLLE BARRERA, Júlio. A Bíblia Judaica e a Bíblia Cristã. 2.ed. Petrópolis: Vozes, 1999, p.600.
6 Tobia, Giuditta, Baruch, Sapienza, Ecclesiastico, I e II Maccabeo, oltre ad alcuni passi di Ester e Daniele.
7 Alcuni libri, i deuterocanonici, sono stati oggetto di una certa discussione tra le chiese, ma in un secondo momento della storia del Canone sono stati accettati pacificamente dalla generalità del mondo cristiano.
8 Cfr. TREBOLLE BARRERA, op. cit., p.273.
9 Cfr. DZ 1334-1335; 1501-1504; 3029.
10 KÖSTER, Helmut. Synoptische Überlieferung bei den Apostolischen Vätern. In: TREBOLLE BARRERA, op. cit., p.277.
11 Periodo che seguì, immediatamente, agli Apostoli.
12 Si noti che sebbene l’Apocalisse e la Lettera agli Ebrei non presentassero dubbi quanto alla loro autenticità per Origene e San Clemente di Alessandria, essi saranno più tardi considerati deuterocanonici dalla Chiesa.
13 CONCILIO VATICANO II, op. cit., n.21.

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