Un lungo e meraviglioso itinerario
percorso dalla ragione umana illuminata dalla fede, e assistita dalla
grazia e dai carismi dello Spirito, ha reso possibile definire con
divina autorità la “regula fidei” delle Sacre Scritture.
Si parla molto della Bibbia, ma quanti
la conoscono in profondità? Sapranno i cattolici in genere – anche
quelli considerati praticanti – come sono nati i libri sacri, quale il
criterio di selezione utilizzato e con che autorità sono stati essi
adottati o rifiutati? Senza alcun dubbio, un chiarimento a riguardo è
del tutto opportuno per l’insieme dei fedeli.
Antico e Nuovo testamento
La Bibbia, come si sa, è l’insieme
degli scritti o libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, con i quali
Dio Si è rivelato agli uomini. Denominati anche Sacre Scritture o Sacre
Lettere, costituiscono un solo e unico libro contenente la Parola di
Dio. Sebbene siano stati elaborati da autori umani – gli agiografi,
autori sacri –, sono stati scritti sotto l’ispirazione dello Spirito
Santo e quindi sono autenticamente la Parola di Dio. Per questo si è
soliti dire che le Sacre Scritture sono un’opera congiunta degli
agiografi e del Divino Paraclito.
Abbiamo così la Bibbia, divisa in due
grandi parti: l’Antico e il Nuovo Testamento.1 Il primo contiene la
Parola di Dio rivolta al Popolo Eletto della Prima Alleanza, consegnata
in diversi scritti elaborati nel corso di più o meno 900 anni. Il Nuovo
Testamento contiene, a opera degli Apostoli ed Evangelisti, gli
insegnamenti con i quali Gesù Cristo ha completato e perfezionato la
Rivelazione Antica, e la testimonianza della sua Morte e Resurrezione –
il Mistero Pasquale –, con il quale ha aperto trionfalmente l’Era della
Grazia, sigillando così la Nuova ed Eterna Alleanza.
L’asse divino intorno al quale ruotano
entrambi i Testamenti è la persona di Gesù Cristo. Infatti, nell’Antico è
Lui l’annunciato: “Le Scritture danno testimonianza di Me”, (Gv 5, 39),
disse Nostro Signore; e il Nuovo è la realizzazione di questo annuncio.
Tale verità è espressa da Sant’Agostino con la brillantezza e la
concisione del suo genio: “in Vetere Novum lateat, et in Novo Vetus
pateat – Il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico, e l’Antico si
rivela nel Nuovo”.2
Ora, si sa che prima di Cristo e,
soprattutto, nell’era cristiana, sono venuti alla luce numerosi scritti
presumibilmente contenenti la Parola di Dio, e di questi soltanto un
numero ridotto è stato incluso tra i Libri Sacri. Perché alcuni scritti
sono entrati e altri no? Chi ha fatto questa selezione e con che
autorità? Tali questioni ci portano a trattare di un bellissimo tema: la
formazione del canone dei libri sacri.
Mirabile unanimità forgiata nel corso dei secoli
La parola greca κανών
(canone) ha vari significati: regola per misurare, regola, norma e, per
estensione, lista, relazione. Il Canone delle Sacre Scritture è,
infatti, la relazione dei Libri Sacri che compongono la Bibbia: 46
dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo. Solamente questi 73 godono della
prerogativa di essere Parola di Dio.
Lunga e luminosa storia è
quella della formazione del Canone, ossia, di come la Divina Provvidenza
sia andata disponendo nel corso dei secoli le circostanze e gli spiriti
perché la Santa Chiesa discernesse e identificasse, tra diversi scritti
presentati come autentici trasmettitori della Parola di Dio, quali
fossero di fatto ispirati e contenessero infallibilmente le verità della
Fede.
La difficoltà stava nel
fatto che, nel corso dei secoli, apparvero un certo numero di scritti in
seno alle comunità religiose israelite dell’Antico Testamento. Non
tutti, però, godevano di uguale rispetto e osservanza. Alcuni,
dall’inizio, riflettevano antiche e autentiche tradizioni con le quali
il Popolo di Dio si identificava pienamente. Per altri invece, non c’era
quest’accettazione generale.
Una meravigliosa azione di
Dio condusse a poco a poco le comunità giudaiche a un’opinione quasi
unanime su questa materia. Opera infatti mirabile, poiché non si
conosceva in quest’epoca un’autorità infallibile, come quella concessa
da Cristo Gesù alla sua Chiesa, che potesse riconoscere e dichiarare il
carattere sacro e ispirato di questi libri.
Prima il Pentateuco, o
Torah, è stato ben presto riconosciuto come la Parola di Dio. In
seguito, i Profeti e poi gli altri Scritti hanno via via acquisito un
riconoscimento normativo, fino a costituire collezioni, contenenti più o
meno l’attuale insieme dei libri dell’Antico Testamento.3
Discernere il messaggio evangelico dalle interpretazioni false
Per quanto riguarda il
Nuovo Testamento, la situazione è ancora più ricca e complessa, sebbene
più chiara e facile da esser seguita. A un certo momento della storia
della Chiesa Primitiva, gli Apostoli e i loro seguaci si sono dedicati
al compito di registrare per iscritto buona parte di quello che
oralmente predicavano. Nacquero così i primi libri.
Molto presto, tuttavia, si
sono introdotte eresie nell’ambiente delle comunità cristiane. Alcune
provenienti da erronee interpretazioni dottrinali concepite da cristiani
giudaizzanti; altre, a quanto pare, originarie del paganesimo, come le
dottrine chiamate gnostiche. Le une e le altre portavano a
interpretazioni falsate del messaggio evangelico.
Nei primi tempi del
Cristianesimo proliferarono scritti neotestamentari, mescolandosi, così,
testimonianze autentiche degli Apostoli e dei loro primi seguaci con
altre sulla cui autenticità si poteva legittimamente dubitare, perché
non godevano della garanzia di provenienza apostolica (del tempo degli
Apostoli), o perché non erano oggetto di credibilità da parte delle
chiese.
Presto s’introdussero
anche adattamenti o interpolazioni eretiche in alcuni scritti con
pretese di provenire dal tempo apostolico, ma di dubbiosa e sospetta
paternità.
Dato che, dallo Spirito
Santo, la Chiesa ha ricevuto come lascito le Scritture, tanto
dell’Antico quanto del Nuovo Testamento, tocca ad essa discernere,
riconoscere e dichiarare, con l’assistenza dello stesso Spirito, quali
tra questi numerosi scritti sono di fatto Parola di Dio.
Il risultato di questo
lavoro lento e sicuro della Chiesa nell’identificazione dei Libri Sacri è
stato la formazione del Canone.
L’azione dello Spirito Santo
In questo paziente compito della Chiesa si nota una triplice azione dello Spirito Santo.
Primo, il Divino Paraclito
agisce sulle comunità che hanno accolto la Parola di Dio, il quale
“aveva già parlato nei tempi antichi ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”
(Eb 1, 1-2), formando e ispirando le tradizioni, propiziando che queste
siano conservate nella memoria del popolo, e disponendo che la Parola
permanga integra e inalterabile. In secondo luogo, ispira gli agiografi a
mettere per iscritto il contenuto della Parola di Dio trasmessa
all’inizio oralmente e consegnata alle tradizioni e a scrivere “tutte e
soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte”.4 Gli autori sacri
si dedicano, allora, a questa missione. Infine, attraverso la stessa
Tradizione, ossia, quello che semper, ubique et ab omnibus è stato
oggetto di fede, fa conoscere alla Chiesa gli scritti ispirati.
La definizione del Canone,
tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento è, dunque, opera umana e
divina della Chiesa. Umana, in quanto applica criteri logici di sapienza
umana per discernere l’autenticità degli scritti vetero e neo
testamentari, ma allo stesso tempo divina, in quanto assistita dal
Divino Spirito Santo nell’interpretazione dei dati provenienti da tali
mezzi umani. Il lavoro applicato e intelligente di un mirabile stuolo di
uomini dei primi tempi del Cristianesimo – i Santi Padri – ha portato
la Chiesa a un altissimo piano nella conoscenza delle Scritture e l’ha
fatta discernere, con l’azione dello Spirito Santo, preziosi criteri per
la selezione e classificazione dei Libri Sacri.
Il Canone veterotestamentario
Rispondendo al fatto che i
libri dell’Antico Testamento sono stati scritti in circa 900 anni nelle
lingue ebraica, aramaica e, in misura ben minore, in greco, e non
entrando nell’interessante tema della probabile datazione di tali
scritti, né dei loro autori, poiché andremmo oltre i limiti naturali di
questo articolo dedicato a studiare la formazione del Canone, vediamo
ora come si è diffusa la conoscenza dei suddetti libri.
È certo che alcune
collezioni parziali di scritti veterotestamentari circolavano già entro
le varie comunità israelite, tanto della Palestina quanto della
Diaspora, nel tempo postesilico, soprattutto nel periodo dei Maccabei,
ma ci mancano dati storici precisi al riguardo.
Verso l’anno 200 a.C.,
apparve per la prima volta un’ampia collezione degli scritti
veterotestamentari, in greco, composta, secondo quanto si diceva, da 70
saggi giudei di Alessandria, e per questo chiamata “Settuagesima” o “dei
Settanta”, o ancora “Alessandrina”, frequentemente designata dalla
sigla LXX.
Non c’è notizia, tuttavia,
che si sia elaborato un Canone dei libri sacri prima dell’era
cristiana. A fianco di alcuni libri riconosciuti da tutti come sacri, ce
n’erano molti altri sui quali aleggiava qualche incertezza e altri
ancora francamente contestati.
Le diverse versioni delle
Scritture circolavano pacificamente tra i giudei della Palestina e di
altri paesi, distaccandosi la Settuagesima, che ottenne un’ampia
accettazione tra gli uni e gli altri ed era la più diffusa nei primi
tempi del Cristianesimo.
“La maggior parte delle
citazioni dell’Antico Testamento attribuite a Gesù nei Vangeli
corrisponde al testo della versione dei Settanta”.5 Il fatto che questa
versione sia la più citata nei Vangeli le conferisce innegabile
autorità. Essa era, anche, la più usata tra i giudei cristiani dei primi
tempi, e godeva di piena credibilità in quegli ambienti.
Nel corso del primo
secolo, la maggior parte dei libri costanti della versione dei LXX fu
pacificamente accettata: sono i cosiddetti protocanonici (da proto,
primo, in greco). Altri, tuttavia, si prestavano a discussioni e furono
accettati solamente in un secondo momento: sono i cosiddetti
deuterocanonici (da deutero, secondo).
Fu solo all’inizio del II
secolo – quando la Chiesa aveva ormai vita propria, indipendente dal
giudaismo e in essa si dava larga accettazione alla relazione di libri
del LXX, chiamata Canone Lungo – che le autorità giudaiche, su
iniziativa dei rabbini farisei, decisero di chiudere il loro canone,
rifiutando sette libri costanti della versione dei LXX6 e abbracciando
così un canone ridotto, chiamato Canone Corto.
Non è fuori luogo
ammettere che il motivo per cui i giudei abbiano abbracciato il Canone
Corto è dovuto, tra le altre cause, a una necessità di differenziazione
rispetto al Cristianesimo.
I dati storici di cui si
dispone indicano che, più probabilmente, questa collettanea abbracciata
dai rabbini – nota anche col nome di Testo Protomassoretico – sia stata
più tardi, nel Medioevo, rivista e provvista di note e segni
vocalizzanti, alla maniera di commenti, dai massoreti giudei, maestri e
rappresentanti della Massorah (tradizione) giudaica, venendo a
costituire il cosiddetto Testo Massoretico, ossia, l’attuale Bibbia
ebraica.
Quando i giudei decisero
di chiudere il loro canone, era già largamente accettata nella Chiesa,
da più di un secolo, la versione dei Settanta, il Canone Lungo. Così, il
canone dei rabbini farisei non ebbe che una portata ristretta, limitato
all’ambito delle comunità giudaiche rimanenti.
La Chiesa primitiva,
dall’inizio, confermò la versione dei Settanta, versione questa che,
insieme ad altre, com’è già stato detto, correva liberamente tra i
giudei, poiché non c’era ancora, tra loro, una relazione definita dei
libri considerati sacri. Essa, infatti, non ha ereditato dal giudaismo
un canone definito, ma è stata lei che lo ha definito, accogliendo tutti
i libri costanti dei LXX e anche i cosiddetti deuterocanonici. In
questo modo la versione dei Settanta, il Canone Lungo, è stato
abbracciato dal Cristianesimo, nella sua totalità, dai suoi primordi –
con alcune difficoltà circostanziali,7 chiarite con il tempo – e ha
goduto di piena autorità tra i cristiani. Il Concilio di Calcedonia (451
d.C.) non ha fatto che riconoscere una realtà già vissuta dal
Cristianesimo fino al IV secolo, poiché, sebbene il Canone
Veterotestamentario già fosse vivo nella Chiesa, e i libri che erano
venuti a comporlo godessero di grande autorità tra i fedeli, eccettuate
alcune rare comunità orientali isolate e senza maggior rilevanza, non si
può ancora parlare di libri canonici. Fu solamente a partire da questa
data che la collezione di tali libri ha acquisito piena configurazione
canonica. 8 E così è rimasto per più di mille anni.
È solamente nel XVI secolo
– un millennio e mezzo dopo la nascita del Cristianesimo! – che una
simile realtà è stata negata. Infatti, Martin Lutero e i suoi seguaci
decisero di rifiutare quasi 1.500 anni di Tradizione cristiana e
abbracciare il Canone Corto, fissato dai rabbini farisei per uso dei
giudei, nascendo così la cosiddetta Bibbia Protestante.
Per molti secoli, sulle
orme della Tradizione apostolica, la Chiesa non ha sentito la necessità
di presentare una definizione dogmatica sul Canone sacro, in quanto la
pax Christi non si vedeva seriamente minacciata in questa materia.
Furono le negazioni di Lutero nel XVI secolo e l’inquietudine da esse
suscitata in seno alla Cristianità che portarono la Santa Chiesa a
manifestare in questo campo il potere che dal suo Divino Fondatore gli
era stato conferito. Così, ciò che era assente come dottrina comune e
corrente della Chiesa dal IV secolo, e vissuto dal Cristianesimo dai
suoi primordi, fu oggetto di una formulazione esplicita nel Concilio di
Firenze, (1442) nel decreto Pro Iacobitis,9 e di una definizione
dogmatica nel Concilio di Trento (1564), riaffermata nel Concilio
Vaticano I (1870).
Canone Breve (Ebraico)
Torah: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio
Profeti Anteriori: Giosuè, Giudici, I Samuele, II Samuele, I Re, II Re
Profeti Posteriori: Isaia, Geremia, Ezechiele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia
Scritti: Salmi, Giobbe, Proverbi, Rut, C. dei Cantici, Qohelet, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra, Neemia, I Cronache, II Cronache
Canone Lungo, Alessandrino (Cattolico)
Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio
Storici: Giosuè, Giudici, Rut,
I Samuele, II Samuele, I Re, II Re, I Cronache, II Cronache, Esdra,
Neemia, Ester, Giuditta, Tobia, I Macabei, II Macabei
Sapienziali: Salmi, Proverbi, Qohelet, C. dei Cantici, Giobbe, Sapienza, Siracide
Profetici: Isaia, Geremia,
Lamentazioni, Baruc, Ezechiele, Daniele, Osea, Amos, Michea, Gioele,
Abdia, Giona, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia
Canone neotestamentario
Come abbiamo visto, la
predicazione apostolica fu all’inizio esclusivamente orale, poiché gli
Apostoli se ne andarono per il mondo a predicare, fedeli al dettato del
Divino Maestro che disse, “andate e predicate” (Mc 16, 15) e non “andate
e scrivete”. E non dimentichiamoci delle grandi difficoltà dell’epoca
nell’ottenere libri, i quali erano tutti manoscritti, pertanto, costosi e
di lenta elaborazione.
Così, nel Periodo
Apostolico (fino all’anno 70), la Chiesa nascente non possedeva ancora
scritti propri, ma solamente la “Legge e i Profeti”, cioè, l’Antico
Testamento, letto alla luce del messaggio cristiano. Presto, però, due
fattori pretesero dagli Apostoli e dai loro primi seguaci il ricorso
allo scritto: la moltiplicazione di comunità in regioni molto distanti,
grazie, soprattutto, all’apostolato di San Paolo, e la comparsa delle
eresie. Tuttavia, per molto tempo e persino nel periodo dei Padri
Apostolici, le tradizioni evangeliche erano più conosciute attraverso la
tradizione orale che quella scritta. 10 San Luca dà di questo
testimonianza: “Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli
avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che
ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola”
(Lc 1, 1-2).
Tale battaglia finì per
cristallizzare nella Chiesa un’idea che esisteva già, latente, dal
periodo subapostolico: 11 quella della necessità di un Canone chiuso.
Ai tempi di San Giustino
Martire (II secolo) a Roma, il Nuovo Testamento già conteneva due terzi
di quello che venne a essere il suo Canone definitivo. Nel periodo
seguente – di Sant’Ireneo, San Clemente di Alessandria, Origene –
l’essenziale del Canone definitivo era già stato incluso nel Canone
riconosciuto da Sant’Ireneo e dalla chiesa della Gallia: i quattro
Vangeli, gli Atti degli Apostoli, alcune lettere e l’Apocalisse.
Fu proprio Sant’Ireneo –
una delle grandi figure della Patristica – che, di fronte allo
gnosticismo e, soprattutto, al marcionismo, sviluppò la dottrina
cristiana, stabilendo magnificamente i fondamenti della comprensione
delle Scritture come un tutt’uno, coerente e armonico.
San Clemente d’Alessandria
e Origene presentavano una relazione di 22 libri sui quali, per loro,
non c’erano dubbi: i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le 14
lettere paoline, le prime lettere di Pietro e Giovanni e l’Apocalisse.12
Alcuni scritti
neotestamentari, com’è stato visto sopra, sembrano aver ottenuto molto
presto il riconoscimento canonico, manifestato soprattutto dall’uso
liturgico che di loro se ne fece. Sono i cosiddetti protocanonici del
Nuovo Testamento.
Ce ne furono altri,
tuttavia, che presentarono qualche difficoltà a essere accettati e
solamente dopo un processo relativamente lungo l’autorità della Chiesa
li ha inclusi nel Canone. Sono questi chiamati deuterocanonici del Nuovo
Testamento – la lettera agli Ebrei, la seconda di Pietro, la seconda e
terza di Giovanni, le lettere di Giacomo e Giuda e l’Apocalisse – il che
significa che entrarono nel Canone neotestamentario solo dopo una certa
esitazione, essendo accettati, ripetiamo, unicamente dall’autorità
della Chiesa.
La sapienza divina supera ogni previsione umana
Nel corso di più o meno
300 anni, basato sull’accettazione da parte delle comunità, animate dal
sensus fidei (il sentire della fede) ma, soprattutto dall’uso liturgico,
con il riconoscimento esplicito delle autorità ecclesiastiche – riunite
in sinodi e concili regionali o ecumenici –, si andò definendo un
nucleo di libri di canonicità certa e indiscutibile.
Lutero aveva rifiutato
anche i deuterocanonici del Nuovo Testamento, ma i suoi seguaci non
poterono sostenere questa posizione e finirono per ammetterli. In questo
modo la Riforma cadeva nell’incoerenza di negare l’autorità della
Chiesa quanto all’Antico Testamento e affermarla in relazione al Nuovo.
Così, in maniera
divinamente sapienziale lo Spirito Santo va governando la Santa Chiesa,
in modo per nulla razionalista e schematico, definendo senza fretta
meraviglie come l’insieme dei libri delle Sacre Scritture, nei quali “il
Padre che sta in Cielo viene amorosamente incontro ai suoi figli per
conversare con loro”.13
Questo lungo e
meraviglioso itinerario percorso dalla ragione umana illuminata dalla
fede, e assistita dalla grazia e dai carismi dello Spirito Santo, ha
reso possibile discernere con chiarezza e definire con divina autorità
la regula fidei delle Sacre Scritture. In questo percorso siamo stati
portati anche a contemplare la meravigliosa armonia tra le due fonti
nelle quali si fonda tutta la fede cristiana: la Sacra Tradizione e le
Sante Lettere.
Nenhum comentário:
Postar um comentário